Scivola lento il Panaro tra le sponde,
serpe d’argento in morbide campagne,
sussurra storie a querce vagabonde,
nutre la terra coi suoi chiari inganni.
Dal crine appenninico scende e canta,
tra sassi antichi e muschi di mistero,
e ad ogni curva il suo respiro incanta
come un sospiro lungo e sincero.
A Spilamberto indugia con dolcezza,
sfiorando mura e ponti senza fretta,
specchia le torri in placida fierezza,
mentre la vita intorno a lui si aspetta.
Poi verso nord, tra filari e granai,
incede piano con nobile misura,
e abbraccia il cuore antico dei casai
che bevon l’acqua sua chiara e sicura.
Fiume che sa di quiete e di pazienza,
che mai si affretta e mai si fa domare,
custode muto d’una lunga assenza,
che ogni stagione torna a raccontare.