05 ottobre 2005

Ultime acque

Poema ispirato al mio periodo trascorso a Comacchio.

Ultime acque

Non c’è vento.
Le reti, vuote, s’aggrappano ai pali
come panni dimenticati.
Il canneto incline
al silenzio più che alla brezza.

La barca non torna
oscilla ancorata a niente,
un’ombra sul muschio,
carena corrosa da inverni
che nessuno ha contato.

L’ora è quella che il giorno
non vuole più tenere.
La luce si sfila
tra i giunchi incolti e i sassi umidi.
Qualcuno fischia, lontano,
o forse è un richiamo d’uccello.
Anche il suono pare stanco.

C’è odore d’alga e di ferro,
di corde marcite,
di promesse che nessuno ha creduto.

Un remo affiora di taglio:
potrebbe essere un resto,
un gesto spezzato.
Nessuno lo raccoglie.

I pescatori siedono
coi gomiti sulle ginocchia,
guardano il fondo che non muta,
non parlano.
Cosa dire al crepuscolo,
se il giorno ha già deciso?

Là dove il sole si piega sul fosso,
c’è una voce che non sale mai.
Il cielo, una lastra torva
non riflette che se stesso.

E l’acqua, ferma,
conserva ogni cosa
tranne il volto.