Ti aspettavo, lo sai
quando il cielo si piegava sul crinale
e le viti tacevano.
Un vento di foglie morte
raschiava i muri della casa vuota.
Parlavamo a metà,
come fanno i sassi
che rotolano insieme ma non si sfiorano.
Tu dicevi “domani”
ma era sempre sera.
Le colline si chiudevano dietro di noi
come palpebre stanche.
Un cane abbaiava lontano
e nessuno veniva.
Amarti fu un modo
per fingere che qualcosa restasse.
Invece era tutto in bilico,
come il sole sull’ultima curva del giorno.
Ora so che non c’è messaggio
tra due anime sorde,
solo segnali che si perdono
nel crepuscolo,
senza eco né ritorno.
© Fulvio Macchi Vandelli