tra calcine e silenzi scrostati
la trovai, dove il muro si scuce
in segni d’acqua e sonno.
Una Rosa, non nome, non specie,
offesa d’incanto,
pietra e carne insieme,
crepa fiorita nel tempo che non passa.
non sa più il vento
da dove l’ha tratta,
se un giardino perduto
o il sogno d’un seme
che attese, chiuso, la quiete dei passi.
la guardai:
non per chiedere,
ma per restare,
come chi riconosce
il proprio enigma
nell’orma d’un altro.
© Fulvio Macchi Vandelli