L’orologio ha smesso
di divorare minuti.
I binari corrodono
il loro stesso nome.
Un cartello sbiadito
ancora indica partenze
per città
che il vento ha cancellato
dai suoi registri.
Nell’atrio deserto,
biglietti mai timbrati
fanno germogliare
radici di silenzio.
Qualcuno ha scritto
sul muro:
«Aspetto ancora»
ma l’inchiostro
è diventato pioggia.